LA SCULTURA PER INFORMAZIONE GENETICA


Per capire per quale misteriosa ragione io ami scolpire in legno, in pietra o in ferro, ho voluto rileggere i quasi tre secoli di storia della mia famiglia attraverso il racconto di quegli oggetti che sono, e sono stati, il patrimonio umile della nostra casa. Oggetti che abbiamo conservato nel tempo con cura e amore, come si è sempre fatto in tutte le aree in cui non si è persa la propria identità culturale. Soprattutto strumenti di lavoro tutti caratterizzati da un segno, un originale marchio di fabbrica, e manufatti in legno, in ferro, in pietra, realizzati nel tempo dai miei antenati, uomini particolari capaci non solo di costruirli, ma anche di usarli. La loro semplicità ha saputo toccare il limite niente affatto metaforico della spontaneità, che non è solamente istinto, ma conquista. Chi è nato e vissuto in montagna, è per sua natura un essere silenzioso e riservato, capace di vivere in simbiosi con la natura, attento nell’ ascoltare le segrete voci che provengono dalla materia, che sa bene come trasformare, con sapienza, con pazienza e cognizione: scavando, lisciando, battendo, traforando, cioè, dando tridimensione all’ idea, oppure elaborando un concetto attorno alla struttura “ ideofora” del tronco , del masso o del “pane” di ferro. Manualità e pensiero mi sono state trasmesse per informazioni genetiche e dunque mi trovo consapevole portatore di stimoli e abilità particolari collocato nel giusto ambiente : il greto del torrente di montagna e il bosco alto: millenari custodi di forme naturali ispiratrici. Quando parliamo di forme della natura, pensiamo a qualcosa di perfetto e di tipico: la forma è l’ aspetto di un oggetto, sufficiente a caratterizzarlo esteriormente. Capire la forma naturale, significa svelare il valore contenuto e dunque cogliere dalla forma, la ragione e la sostanza nascoste, perché tutto è uguale di fronte all’occhio che vede, purchè nell’occhio vi sia quella capacità di rappresentazione che in arte si chiama forma. Nel bosco tutta la tecnologia del legno è oggetto di particolari attenzioni: bisogna scegliere l’ essenza e la qualità del legno a secondo dell’uso che se ne vuole fare, è importante conoscere il sito di crescita, l’epoca e la luna dell’ abbattimento, la stagionatura differenziata, l’ ambiente di conservazione, il senso del taglio, l’andamento delle fibre per potere poi orientare con efficacia i colpi dell’ ascia e della sgorbia. Mio padre ha voluto che fin da bambino, imparassi a convivere con le piante, le amassi e le curassi, perché senza di loro si estinguerebbe ogni vita. La somma delle sue infinite esperienze mi ha permesso di individuare con sicurezza gli alberi e di scegliere le parti più idonee alla realizzazione delle mie sculture, ognuna con le sue prerogative strutturali e formali. Quando cerco, cosa c’è veramente nel fascino dei “resti”, in ciò che è rimasto, è ai sassi e alle pietre che penso, a questi frammenti di montagna, rotolati per milioni di anni di cui è rimasto il nucleo tondeggiante, il cuore della materia, la parte più bella e resistente. Negli impetuosi torrenti dei miei luoghi d’origine, cerco i massi striati bianchi e neri di Grigio carnico che” contengono” le mie sculture. Poi non mi resterà altro che togliere con lo scalpello le scaglie che imprigionano la forma, ed essa mi apparirà armoniosa e perfetta in tutta la sua bellezza materica.

“CAPIRE LA FORMA NATURALE, SIGNIFICA SVELARE IL VALORE CONTENUTO E DUNQUE COGLIERE DALLA FORMA, LA RAGIONE E LA SOSTANZA NASCOSTE, PERCHÉ TUTTO È UGUALE DI FRONTE ALL’ OCCHIO CHE VEDE, PURCHÈ NELL’OCCHIO VI SIA QUELLA CAPACITÀ DI RAPPRESENTAZIONE CHE IN ARTE SI CHIAMA FORMA.”


La memoria mi proietta di colpo l’immagine di mio padre che nei torrenti sceglieva i massi, come li sto scegliendo io in questo momento: non per farne delle sculture, ma otri di pietra, “sculture” esistenziali destinate a contenere il burro fuso e lo strutto di maiale, semplici e vitali risorse di una cucina a misura d’uomo. La forma compiuta dell’otre, che mio padre ha appena liberato dalle scaglie che la imprigionano nel masso, mi appare anch’essa armoniosa nel suo aspetto formale come lo può solo essere un prodotto utile/bello che si rivela nell’aspetto più autentico: è un prodotto di tecnica raffinata, ma il suo miglior pregio è nel piacere alla verifica pratica. Così avrebbe sentenziato mio padre valutando il suo oggetto di pietra. Mio padre, forse era inconsapevole di trovarsi in una posizione mediana tra quelli che producono arte (che producono oggetti significativi senza scopo) e i tecnici (che producono oggetti d’uso non significativi), sicuramente avrebbe avuto qualche attimo di perplessità di fronte alle mie sculture, astratte forme di legno e di pietra. Si sarebbe però anche rivisto e ritrovato nel mio lavoro, apparentemente così diverso dal suo, certamente ne avrebbe colta l’intima essenza e ne sarebbe stato lieto. Abbiamo trovato nell’impetuosità del torrente, e nella profondità del bosco, quello che ognuno di noi cercava, anche la pace nella solitudine e l’ispirazione nella natura selvaggia, che non è poco.

Giulio Candussio