MOSAICO: UN’ENTITA’ DI FRAMMENTI UNICI

Nel mosaico, i vincoli materici e tecnici che ne costituiscono l’esito figurativo discendono specificatamente dall’unità costitutiva delle tessere tanto per la loro fabbricazione, quanto per il loro impiego. A differenza del pigmento pittorico, non sono macinate né ulteriormente ridotte nel processo esecutivo, ma conservano la loro unitarietà e la loro forma e come tale restano identificabili nell’opera finita. La costruzione di qualsiasi forma o decorazione attraverso l’accostamento delle tessere, e l’inevitabile formazione di interstizi impediscono l’unità di superfice; al contrario di quello che avviene sulla superfice pittorica. Il mosaico dunque è un tessuto unitario di discreto e di continuo, di distinzione e di composizione, di elementi separati e di sintesi organica. Ogni tessera è un elemento di una sequenza, di una successione, ma nello stesso tempo partecipa a un disegno totale. La particolare sintassi di questa tecnica, le sue “regole” compositive, istituzionali e tecniche, non sono assimilabili, compatibili, omologabili a quelle della pittura. La pittura può concepire l’invenzione prospettica all’interno della propria superfice, la figurazione, il racconto, il tempo, il disordine, l’istintività, mentre il mosaico esiste soltanto grazie a un ordine formale assoluto ma non per questo rigido. Ogni artista che è cosciente di queste “regole”, “può pensare in mosaico”, e realizzare un progetto ideale. La pittura, segnica, gestuale, materica, non è più l’orizzonte di riferimento, il mosaico è un universo linguistico ed espressivo altro, in cui i fonemi non sono tocchi di pennello, impasti di materie fluide, velature, ma tessere di pietra e di vetro. Nel mosaico, i colori infatti, diventano più brillanti, le accensioni più vivide, i contorni più frammentati eppure al tempo stesso, più solidamente scanditi. Così è stato per millenni, creando un campo di riferimento, anche temporalmente vastissimo. Di fronte al mosaico compiuto non è giustificato rifarsi al progetto, inteso come spontaneo gesto espressivo dell’artista, è pericoloso se non fuorviante. Il mosaico non è un banale esercizio di traduzione o peggio di copia, è piuttosto il risultato di un incontro, in cui il progetto si annulla e lo stile dell’artista si fonde nel linguaggio delle tessere per progettare un nuovo discorso. La forma compiuta, è stata individuata attraverso la propria esperienza, il proprio stile appunto, altrettanto quanto attraverso il riconoscimento e la conoscenza delle peculiarità tecniche del mosaico, come già ho detto. Gli artisti veri, nel mosaico non misconoscono se stessi in termini estetici e formali, ma al contrario, finiscono per riconoscersi, ed essere quindi riconoscibili sotto le spoglie di un’altra lingua. Le tessere del mosaico si muovono ad andamenti sinuosi, regolari, ortogonali, spiraliformi, a torsioni, ad accensioni improvvise producendo una superfice di luce e ombra, resa vibratile dal fluido luminoso riflesso da una tessera e l’altra. Gli attimi vorticosi, o ritmici, o risplendenti della materia sono racchiusi nel paradigma di una rappresentazione a mosaico: e perciò più che esemplificativi, eterni.

GIULIO CANDUSSIO